Sono troppe le persone che sottovalutano l'impegno di avere un cavallo, specialmente per quanto riguarda la scelta e responsabilità sul destino ultimo.
Non ci sono etichette magiche che salvano i cavalli. Una volta acquistato il cavallo, non esistono fondi pubblici per salvare cavalli, né il mondo produttivo dei cavalli è interessato a salvarli investendo in fondi per il ricollocamento. In questa situazione, solo una persona può salvare il cavallo a fine carriera, vecchio, anziano, malato, che nessuno vuole. Il suo proprietario. Non esiste miglior salvatore di cavalli di colui che si tiene il proprio.
Essere un proprietario responsabile vuol dire affrontare con il cavallo la buona e la cattiva sorte.
Prima di prendere un cavallo allora, occorre pensarci bene, perché la sua vita è longeva, ma non altrettanto la sua produttivà per gli impieghi equestri.
Un cavallo ha bisogno di tempo, attenzioni e denaro anche alla fine della sua carriera sportiva. E se arriva a questa fine oramai incidentato, lesionato, malato, o molto anziano, è assai improbabile trovare qualcuno che si voglia addossare la responsabilità di mantenerlo per gli ultimi anni della sua vita, quando acquistare un puledro non di genealogia, che ha ben altre prospettive, è abbordabile a qualche centinaio di euri.
Il mercato del cavallo non qualitativo è ai suoi minimi storici. I cavalli senza pedigree, non più giovani, e magari con qualche pecca o tara legata al loro impiego passato, non valgono nulla. Sono cambiali al portatore. La gente è disposta a pagare per farli portare via e "rottamare", specialmente se sono dichiarati in anagrafe non macellabili per il consumo umano, e dunque il rottamatore li avvierà alla macellazione abusiva, che è un rischio per il quale o ritira il cavallo solo gratuitamente, o facendosi pagare.
Certamente si trovano in circolazione cavalli gratis e a basso prezzo, ma è meglio non cadere nel tranello che possedere un cavallo sia alla portata di tutti, specialmente per quanto riguarda il possesso amorevole e responsabile, fino a morte naturale: il grosso costo collegato alla proprietà affettiva del cavallo è il mantenerlo fino all'ultimo respiro.
Uno dei compiti più difficili è assicurare al cavallo il benessere non solo fino a che è impegnato in gare e concorsi, ma anche dopo.
Malattie e inconvenienti sono sempre in agguato. E se anche il cavallo non ha bisogno di cure veterinarie o podologiche speciali, c'è sempre il suo mantenimento che è un onere costante.
La natura ha predisposto che il cavallo sia longevo. La sua vita è assai più lunga della possibilità di suo impiego per lavoro o sport.
Troppi affermano di amare il proprio cavallo, tradendo poi nella condotta, per comodità o ignoranza, l'amore predicato.
Se si ha intenzione di amare falsamente un cavallo, meglio lasciarlo dov'è, al suo destino, senza intervenire, soprattutto senza dedicarsi a falsi salvataggi che altro non sono che sondare la possibilità di ulteriore sfruttamento, declassata la quale, ci si trova a volersi sbarazzare dell'incomodo che si rivela una spesa fissa e non uno strumento idoneo alle proprie ambizioni in equitazione.
Per legge dovrebbe essere reso obbligatorio il possesso del cavallo legato a un fondo pensionistico per il fine carriera dell'animale.
Purtroppo non solo non è così, ma non esistono neppure fondi pubblici, piuttosto che di filiera, da dedicare al ricollocamento del cavallo. Quando un cavallo è alla fine della sua carriera, e non si trova qualcuno che se ne vuole assumere l'onere, c'è solo una persona che lo può salvare, il suo proprietario, tenendoselo.