L’osteoartrite, o DJD (degenerative joint disease), è una tra le più gravi malattie che possono colpire un cavallo atleta e consiste nel deterioramento della cartilagine articolare, la quale, consumandosi, crea ripercussioni anche sull’osso sottostante e sui tessuti molli articolari.
Si tratta di una patologia abbastanza comune associata al naturale invecchiamento, ma può prendere precocemente anche i cavalli agonisti sottoposti quotidianamente ad attività sportiva intensa.
In un'articolazione sana vi è un ricambio cellulare continuo di cartilagine, che assicura fluidità del movimento fungendo da ammortizzatore naturale. Se subentra l'osteoartrite, si riduce la capacità di movimento dell’intera articolazione e il movimento può essere associato al dolore.
La malattia degenerativa articolare è un tipo cronico e progressivo di artrite. Provoca un deterioramento della cartilagine delle articolazioni. Il grado di danno articolare associato alla malattia degenerativa dell'articolazione spesso porta a zoppia. Non esiste una cura per DJD o l'artrosi; tuttavia, gli animali affetti possono trarre beneficio da terapia fisica o trattamenti per rigidità e dolore alle articolazioni mediante corticosteroidi o FANS.
Tra le cause che determinano la rottura di questo equilibrio si riconoscono un forte stress meccanico associato all’esercizio, un’instabilità articolare, ad esempio derivante da lesioni o debolezza dei legamenti periarticolari, oppure un trauma improvviso. Si ipotizza anche una componente genetica nello sviluppo della malattia, ma, in veterinaria, non vi sono studi definitivi in tal senso.
I primi sintomi, oltre a una ridotta mobilità articolare, sono zoppia asimmetrica o di più articolazioni, calore localizzato all’articolazione coinvolta e dolore unito a gonfiore. Le giunture più soggette a tale problematica sono il nodello, il carpo, il garretto e le articolazioni interfalangee (formella) ed il loro coinvolgimento è variabile in base alla disciplina sportiva del cavallo.
La diagnosi
Un cavallo osteoartritico risulta positivo al test di flessione e frequentemente mostra zoppia specialmente se rimane fermo a lungo e nei primi minuti di movimentazione quando l'articolazione è fredda.
Per individuare quali articolazioni sono coinvolte, vengono fatte anche risonanze magnetiche e radiografie. All'esame diagnostico saranno presenti becchi ossei, detti tecnicamente osteofiti, uniti a una diminuzione dello spazio articolare ed ad alterazioni della superficie cartilaginea.
Le cure
Da stimolatori di cartilagine assunti attraverso integratori, a terapie rigenerative somministrate attraverso l'utilizzo di cellule staminali, il panorama medico offre molto a seconda di quanto si può spendere.
Le cure palliative tengono sotto controllo il dolore. Si possono somministrare antinfiammatori, da svolgersi in cicli terapeutici di non più di dieci giorni, per non apportare problemi gastrici. Si possono fare infiltrazioni di acido ialuronico e cortisone con effetti sempre temporanei per lenire il dolore e incoraggiare il cavallo al movimento.
A seconda dei casi, si può intervenire chirurgicamente con un’artroscopia: essa consiste nella pulizia della cartilagine e dell’articolazione al fine di stimolare la riattivazione delle cellule locali.
Il cavallo che soffre di osteoartrite equina beneficia di un movimento quotidiano leggero, non forzato e della stabulazione in stalle attive, dove si possa muovere da solo a suo piacimento.