La guerra in atto tra Russia e Ucraina, così come ogni altro conflitto, distrugge: vite umane, vite animali, vite vegetali. Minaccia nucleare, inquinamento delle falde acquifere, inquinamento atmosferico dalle operazioni limitari, sono questi gli aspetti negativi che impattano l'ambiente, con l'inquinamento che è la quarta causa di morte al mondo secondo l'OMS. In una zona di guerra, l'inquinamento rischia di causare più morti delle bombe.

Inquinamento delle falde acquifere

La guerra, con i suoi residui di materiale bellico, inquina le falde acquifere. Chi non muore subito, può farlo successivamente per i danni ambientali.

Nel Donbass ci sono 222 miniere di carbone che rendono questo luogo strategico per l'economia e forse proprio per questo si tratta di una zona provata da anni di conflitti che, al di là della propoganda giustificativa di pulizia etnica, forse sono generati proprio dalla volontà di controllo di queste risorse.  Secondo l’ONU, anni di guerriglia per il controllo del Donbass hanno distrutto 530 mila ettari di ecosistemi tra cui 18 riserve naturali, e 150 mila ettari di foreste. La regione è in effetti al centro di una catastrofe ambientale dal 2014, quando l’annessione della Crimea (probabilmente a causa delle sue risorse di ferro, sale, petrolio e gas), da parte della Russia, ha scatenato conflitti nella regione.

Minaccia nucleare

In particolare la centrale di Zaporizhzhia è la più grande e potente di tutta Europa. Si trova nella città di Enerhodar, sul bacino idrico di Kachovka, vicino alla riva sinistra del fiume Dnepr che sfocia nel Mar Nero, e che a sua volta porta l’acqua nel Mar Mediterraneo. L’ONU ha avvertito che in caso di una fuga di radiazioni, il mondo intero sarebbe in pericolo. E ora le centrali nucleari di “Zaporizhzhia e Chernobyl non trasmettono più dati”, riferisce l’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica).

Inquinamento atmosferico

Le esplosioni e il crollo di edifici generano un grande sollevamento di polveri sottili che inquinano l’aria: un ennesimo fattore ambientale e sanitario da considerare, anche se oggi il problema delle polveri sottili è considerato un problema secondario o danno collaterale.

Da paese fortemente industrializzato, l’Ucraina aveva già di base una qualità mediocre dell’aria.  Ora, con il bombardamento delle infrastrutture industriali, prese di mira o colpite incidentalmente, il problema non può che aumentare liberando nell’aria una grande quantità di sostanze tossiche.

Anche i mezzi militari inquinano pesantemente l’ambiente, carri armati che sembrano riesumati dalla seconda guerra mondiale non sono di certo veicoli ecologici e possono provocare emissioni nell'aria di Co2 esorbitanti.

Secondo alcuni studi sull'impatto ambientale delle guerre, gli eserciti e le industrie connesse potrebbero contribuire del 5% alle emissioni globali, più dell’insieme del trasporto aereo civile e del traffico navale. Emissioni e danni ambientali non conoscono confini di nazionalità e si ripercuotono su interi ecosistemi.

Chi pagherà per questi danni, quanto tempo ci vorrà per ripristinare una condizione di vivibilità nei territori di guerra? Chi risanerà l'aria, le falde acquifere, chi ricostruirà quanto distrutto?

Le specie a rischio

Le foreste ucraine ospitano ancora una fauna che abbonda di cervi, daini, caprioli, orsi, lupi, cinghiali, linci, uri, renne, alci, mufloni, mentre vicino ai laghi ed ai fiumi, dalle acque pescose, ci sono i castori e nidificano molti uccelli ed anatre. In Ucraina si rischia di dare il colpo di grazia a specie e habitat già sull’orlo dell’estinzione, che nell’ultimo ventennio hanno dovuto affrontare un tasso di disboscamento tra i più alti al mondo.

Nelle steppe sarmatiche che si srotolano dall'Ucraina fino al Kazakistan pascolano insieme il bisonte europeo e gli eredi dei cavalli di Przewalski, cavalli selvatici, che nella zona di Chernobyl si sono ripopolati e vivono bradi. Sono entrambe specie a rischio.

Sull’orlo del baratro e minacciati da nuove bombe, ci sono oggi anche il citello (scoiattolo di terra) e il criceto selvatico. Piccoli roditori legati alla vita della steppa, oggi gravemente minacciati di estinzione.

Cosa ne sarà di questi animali? Vivranno anche loro il dramma dell'inquinamento delle falde acquifere, del terreno e dell'aria?

Il giallo blu della bandiera ucraina

L’Ucraina è il “granaio d’Europa” dove il giallo della bandiera rappresenta il colore dei campi coltivati sullo sfondo blu di un cielo limpido. Coltivare l'Ucraina a granaio ha richiesto però un disboscamento selvaggio per una massiccia riconversione del suolo da arare per le granaglie. 

L’Ucraina è coperta dal 19% di foreste e nei soli ultimi venti anni ha subito tassi di disboscamento che l’hanno resa orfana di più di un milione di ettari di boschi.

Subito dopo la COP26 del novembre scorso, fu il premier Zelensky stesso a tentare di salvare il salvabile annunciando un piano imponente di riforestazione che prevedeva la piantumazione di un milione di ettari di alberi in un decennio. A beneficiarne sarebbero stati grandi e piccoli mammiferi legati alla presenza di faggi, abeti, betulle, pioppi, querce, ontani e aceri, ma anche la salubrità dell'aria e dell'acqua, e quindi tutti grazie all'incremento del polmone verde. Cosa ne sarà ora di questo piano annunciato?

Sebbene al momento, con la tragedia dei morti e degli sfollati, l'impatto ambientale sia una considerazione secondaria per i politici e per i media, vale sicuramente la pena evidenziare i danni che i conflitti armati recano al pianeta e chiedere che questo conflitto cessi al più presto e che il pianeta sia debellato dalla minaccia nucleare e dalle guerre - attraverso politiche di pace preventive per il benessere di tutte le creature viventi.